domenica 13 Ottobre 2024
ore 17.30

Pinzolo – Cinema Teatro Paladolomiti

Regia di Paolo Ruffini, Ivana Di Biase

PerdutaMente




Regista: Paolo Ruffini, Ivana Di Biase
Genere: Documentario
Anno: 2021
Paese: Italia
Durata: 76 min
Data di uscita: 14 febbraio 2022
Distribuzione: Luce Cinecittà

Evento Speciale in collaborazione con la Comunità delle Giudicarie
Partecipa il regista P. Ruffini


IL MORBO DI ALZHEIMER

Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa irreversibile, per la quale non esiste cura.
È la forma più comune di demenza, che colpisce le cellule nervose di varie regioni celebrali (corteccia, gangli e ippocampo), e comporta una progressiva diminuzione delle capacità cognitive.
I sintomi precoci più comuni sono la perdita della memoria recente e le alterazioni comportamentali. L’avanzare della patologia provoca sintomi sempre più gravi, tra cui disorientamento, cambiamenti della personalità, confusione spazio-temporale, depressione, ansia, allucinazioni e deliri, difficoltà nel linguaggio e nei movimenti, nonché gravi perdite di memoria da breve a lungo termine.
Secondo il Rapporto OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) e ADI (Alzheimer’s Disease International) la demenza, nelle sue molteplici forme, è stata definita “Una priorità mondiale di salute pubblica”.
Le stime più recenti a livello internazionale indicano che nel mondo vi sono circa 35,6 milioni di persone affette da questi disturbi, con 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno e un nuovo caso diagnosticato ogni 4 secondi. Il numero di persone con demenza, e principalmente Malattia di Alzheimer, dovrebbe triplicare nei prossimi 40 anni.
In Italia circa 1 milione di persone ne sono affette e circa 3 milioni sono direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari.


PerdutaMente

Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, determinando decadimento fisico e cognitivo, perdita della memoria, della coscienza e della percezione del sé e della realtà.
Paolo Ruffini attraversa l’Italia per intervistare persone affette dalla malattia di Alzheimer e i loro familiari, definiti “seconde vittime” dell’Alzheimer, che si trovano ad affrontare un carico fisico ed emotivo enorme accompagnando i propri cari attraverso il doloroso cammino della malattia.
Dalla malattia di Alzheimer, ad oggi, non è possibile guarire, tuttavia è possibile curarla, nel senso di “prendersi cura” di chi si ama, e l’unica cura possibile è l’amore.
Il centro narrativo del documentario non è la malattia, ma le emozioni e i sentimenti che legano i pazienti ai propri cari.
Attraverso le interviste si raccontano diverse storie d’amore, e soprattutto diverse dimensioni dell’amore: quello tra compagni di vita, tra genitori e figli, nonni e nipoti, tra fratelli e sorelle.
In questo viaggio, tra storie e sentimenti, mentre la memoria della realtà viene progressivamente sgretolata dalla malattia, resta invece la memoria emotiva che rappresenta l’unico legame che i pazienti conservano con la vita che li circonda.
“Io non so chi sei, ma so di amarti”

Prima di iniziare questo viaggio sapevo poche cose sul morbo di Alzheimer: che è una malattia crudele, misteriosa, e legata alla perdita della memoria.
Ma questo era “prima”. Esiste sempre un prima e un dopo in un’avventura, e in qualche modo questo film li definisce. Prima credevo, banalmente, che perdere la memoria significasse dimenticare le cose e i loro nomi, le persone, i volti, la dimensione del tempo. Già solo questa percezione, così superficiale, bastava a dare la portata del vuoto, della paura, dell’oblio.
Durante il percorso ho compreso che Alzheimer significa molto più di questo, perché la memoria non è semplicemente una scatola che contiene informazioni. È più come un diario, che ciascuno di noi riempie, un giorno alla volta nel corso di una vita intera, e oltre ai dati di
realtà, custodisce emozioni, ricordi, sentimenti.
La memoria è un documento dell’identità personale, della propria storia, ma più di tutto della propria coscienza. Noi siamo la nostra memoria, e perderla significa perdere sé stessi.
Significa abitare un corpo senza esistere.
Questa consapevolezza è stata solo una delle tappe del viaggio che ha disegnato questo film. Attraversando l’Italia ho avuto il privilegio di entrare nelle case di persone sconosciute e straordinarie, che hanno condiviso con noi le loro storie. Storie di vite fuori dal comune, storie segnate dall’Alzheimer, storie di dolore e disperazione, ma soprattutto storie d’amore.
La traccia seguita, nel corso di questa indagine, è stata la differenza tra cura e guarigione.
Quello che ho imparato è che dal morbo di Alzheimer non è possibile guarire, ma è possibile curare, se non la malattia, la persona, proprio con l’amore.
La prima domanda, posta nel corso della prima intervista, è stata: “Che cosa significa prendersi cura di un malato di Alzheimer?”. La risposta che ho ascoltato, senza esitazione nella voce di Franco, è stata: “Amare”.
È l’amore il protagonista di questo film, non la malattia.
L’amore della persona malata, che non sa più chi sei ma sa di amarti.
E l’amore della persona che si prende cura del malato, che ama senza condizioni, senza risposte, nel modo più disperato in cui si possa amare: Perdutamente.

Paolo Ruffini

INGRESSO SPECIALE € 5,00

Acquisto biglietti:
Apertura biglietteria Teatro PalaDolomiti: 30 minuti prima dello spettacolo

INFO:
PRO LOCO PINZOLO
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